La maggior parte dell'attività economica dell’Egitto si basava sull’agricoltura, che dipendeva dall’organizzazione dello sfruttamento delle acque del Nilo. Ogni anno, nella stagione Akhet (fine luglio-metà novembre) la piena del fiume inondava la vallata e i contadini canalizzavano le acque, perché raggiungessero tutti i terreni coltivabili, e ne regolavano il deflusso quando rientravano nel loro alveo. Lo strato di limo, depositato dalla piena, fertilizzava i terreni che venivano seminati, senza bisogno di grandi lavori, durante il periodo Peret (metà novembre-metà marzo). La stagione di Shemu (metà marzo-fine luglio) era quella secca del raccolto del grano, dell’orzo, del lino e del miglio. Si coltivavano anche diversi tipi di ortaggi (soprattutto lattughe), la vite e gli alberi da frutto. Abbondante e preziosa era poi la produzione del miele e della cera. Accanto all’agricoltura, l’allevamento del bue, dell'asino e del maiale offriva qualche risorsa ai contadini che integravano le loro risorse alimentari con la caccia agli animali acquatici e con la pesca particolarmente abbondante nei canali. Nel deserto orientale venivano estratti numerosi minerali (rame, argento, malachite); l’oro invece proveniva dalla Nubia, il granito da Assuan, l’alabastro dal Fayum. Era quasi assente il ferro che, comunque, si diffuse solo alla fine del II millennio. L'artigianato di pregio era quasi tutto in funzione funeraria, fabbricato cioè per le tombe dei faraoni e dei nobili: orafi, ebanisti, incisori, tessitori e pellettieri erano le categorie più produttive che godevano anche di un certo prestigio. I rapporti commerciali con l'esterno si basarono sull'esportazione delle eccedenze agricole, in cambio, soprattutto, di due dei prodotti completamente assenti in Egitto: il legname per l’edilizia e per la costruzione delle navi, che venne importato dalla Fenicia, da Creta e dalla Siria, e l’olio per le lampade che giungeva dalla Palestina e dalla Grecia. Sia l’approvvigionamento dei materiali che la circolazione dei prodotti erano resi difficili dalla geografia del paese, ma ancora una volta il Nilo provvedeva all'economia. Il fiume era una via d’acqua sicura e veloce per i trasporti interni, percorso in entrambe le direzioni da lunghe chiatte pesanti, da agili imbarcazioni fatte di fasci di papiro e canne e da ricche barche da viaggio. Dal sud giungevano alla capitale pietre da costruzione, minerali, avorio, essenze ed animali esotici; verso Assuan si muovevano i carichi di cereali, di vino e di prodotti dell'artigianato quotidiano, che costituivano il salario degli operai delle miniere e delle cave. Il maggiore movimento commerciale si aveva nella zona del Delta, densamente popolata e attraversata da numerosi canali in comunicazione con i porti del Mediterraneo. Tra questi, Biblo, sulla costa cananea, può essere ritenuta, fin dal III millennio a.C., colonia egiziana o comunque città di grande importanza strategica per la navigazione costiera praticata dalle navi del faraone. Si hanno comunque anche notizie isolate di navigazioni su lunghe distanze: al tempo della XVIII dinastia, la regina Hatshepsut avrebbe inviato navi, attraverso il mar Rosso, fino al mitico paese di Punt (forse la Somalia); più tardi le navi di Ramses II, costeggiando l’Arabia, giunsero alle foci dell’Indo, che poi risalirono penetrando in Asia. Più difficili e meno sfruttati erano i trasporti terrestri. Faticose vie carovaniere congiungevano la Valle con il mar Rosso, la Libia e le oasi sahariane; oltre ad essere lente e disagevoli, a causa del terreno e del clima, queste piste erano soggette agli attacchi di bande ben organizzate di briganti tenute a bada, senza grandi risultati, da contingenti dell'esercito. Va inoltre ricordato che il carro a ruote venne introdotto da genti straniere in epoca piuttosto tarda.